«Prendete e mangiate questo è il mio Corpo» dice il sacerdote, in persona Christi, al momento della consacrazione. E san Paolo scrive ai Corinti: «Quello che io ho ricevuto vi trasmetto» (1Cor 11, 23). L’eucarestia è proprio questo atto del ricevere e del trasmettere.
Come un papà e una mamma hanno ricevuto la fede e la trasmettono ai figli. In forza del suo essere trapiantato su un nuovo terreno, l’antico diventa principio di novità e di sviluppo. Il nuovo è rigenerarsi dell’antico, non l’inedito. Un po’ come fa il sole quando gioca al tramonto con i mosaici, sempre illuminandoli in modo diverso. I mosaici sono gli stessi, eppure ogni volta ci si presentano in forme inedite. In un certo vero senso sono nuovi. Per noi oggi è necessaria un’educazione permanente all’Eucarestia. Essa infatti non è una pratica di pietà, non è uno slancio soggettivo, ma la decisione della Trinità di venire incontro alla mia libertà mettendo in un certo senso a mia disposizione la libertà di Gesù Cristo morto e risorto. Il rito è l’irrompere della potenza della Trinità nel ritmo spazio-temporale dell’esistenza, consente il più elevato investimento della mia libertà nelle condizioni di spazio e di tempo che mi sono date. Più di ogni altro evento esso spezza il ritmo della mia esistenza, mi costringe ad una pausa di sospensione, mi obbliga in un certo senso a ripensarmi, a piegarmi ad un altro, e perciò ad uscire da me. Non è mai un fatto individuale, ma sempre un fatto di popolo. È pertanto un punto di sintesi tra la mia fede e ciò che la mia appartenenza religiosa comporta. È un ponte tra la fede e la religione. Non esiste, infatti, fede senza religione e non esiste religione che non debba essere purificata dalla fede. Essendo sempre religione di un popolo, sempre incarnata, essa non può dunque non tener conto della cultura, della sensibilità, della lingua e delle tradizioni di quel popolo. L’Eucarestia, conferendo all’esistenza cristiana forma eucaristica, influenza non solo le persone e le comunità ecclesiali, ma attraverso di esse anche le società, le culture, così come determina l’interazione dell’uomo con il cosmo. Se l’Eucarestia è il dono dell’incontro sacramentale tra l’uomo e il Dio di Gesù Cristo che rende «liberi davvero» (Gv 8,36), allora tale evento possiede per sua natura una fondamentale dimensione antropologica. La trasformazione dell’esistenza ad opera dell’azione eucaristica si documenta anzitutto nella tensione dei cristiani alla sequela di Cristo. Nella comunione al Corpo e al Sangue di Cristo il Deus Trinitas viene incontro all’uomo. La Sua irruzione nel quotidiano offre all’uomo la possibilità di non farsi richiudere nella propria finitudine e nel proprio peccato. La globalizzazione, la società delle reti, i nuovi orizzonti aperti dalle bio-tecnologie e il processo di inevitabile mescolanza tra i popoli e culture, purtroppo accompagnato da guerre, terrorismo e violenze disumane, rendono improrogabile l’urgenza di giustizia sociale e di pace. Riunirsi ogni domenica, in qualunque luogo della terra, per aver parte allo stesso Corpo e allo stesso sangue di Cristo, impone il dovere di una lotta tenace a tutte le forme di emarginazione e di ingiustizia economica, sociale e politica cui sono sottoposti i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i bambini e le donne. La comunità cristiana, cosciente della sua singolare natura, deve continuare, con appropriate analisi e operando le debite distinzioni, a cercare i mezzi adeguati per far fronte ad un male che oggi ha assunto dimensioni planetarie e più che mai grida vendetta al cospetto di Dio (cfr. Gen 4,10). L’Eucarestia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa nell’azione stessa in cui viene celebrata. Evento pasquale, Eucarestia e Chiesa realizzano in tal modo la forma concreta mediante la quale, lungo la storia, la Trinità viene incontro agli uomini per salvarli. Le meraviglie della grazia divina sono racchiuse nelle sacre specie del pane e del vino convertite nel Corpo e nel Sangue di Cristo. In esse il Figlio di Dio, umanato, «passo» e risorto, resta volontariamente consegnato in attesa del libero coinvolgimento dell’uomo. La Chiesa celebra questi misteri, si alimenta a questo cibo celeste e lo adora riconoscendo in Gesù sacramentato la Via alla Verità e alla Vita. L’uomo che per grazia accoglie questo dono fa ogni volta una singolare esperienza. La misericordia amorevole della Trinità irrompe nel susseguirsi meccanico degli istanti del suo tempo, vi opera una benefica discontinuità che lo provoca ad una decisione. Soprattutto in questo tempo di singolare travaglio in cui versano tutte le aree culturali del mondo, il cristiano che vive la propria esistenza comunitaria in forma eucaristica, si fa instancabile annunciatore e testimone di Gesù Cristo e del Suo Vangelo in tutti gli ambienti dell’umana esistenza: dal quartiere alla scuola, al lavoro, al mondo della cultura, dell’economia, della politica, delle comunicazioni sociali ecc. le comunità cristiane, fondate eucaristicamente, diventano luoghi in cui ogni uomo può fare esperienza che la sequela di Cristo apre alla vita eterna offrendo, già dall’interno della storia, il centuplo (cfr. Mt 19,29). Donne ed uomini di ogni ceto, etnia e cultura possono, in ogni momento della loro vita, incontrare altri uomini e donne, i cristiani, che in forza dell’esistenza eucaristica, si propongono loro come compagni discreti di un cammino di libertà.
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 5 Settembre 2016
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