Siamo appena entrati in un tempo particolare. Con la prima domenica d’Avvento inizia un nuovo cammino, inizia un nuovo anno liturgico. Questo che ci viene offerto è per noi un tempo propizio in cui ci viene data la possibilità di aprire i nostri occhi sui tanti segni che ogni giorno ci vengono forniti, per dar vita alla nostra speranza, quella di una Nuova Umanità.
Non c’è Nuova Umanità se non nel Dio di Gesù Cristo. Questo tempo ci invita a porci la domanda: “come mai una Nuova Umanità?” e a comprendere che solo attraverso la Nuova Umanità è possibile dare risposta alle domande “perché sono in vita?” e “come devo vivere?”. La Parola di Dio ci esorta a non essere preda nelle mani degli uomini, ma ad accogliere i segni di Dio nella nostra vita. Questi segni sono la sua Parola e la sua Presenza reale, segni che rendono possibile l’incontro mediante il quale ci sentiamo responsabili, in quanto impegnati con il Figlio di Dio. Ecco la necessità di una familiarità quotidiana con Gesù e con il suo Vangelo. Ma ci siamo mai chiesti cosa può significare per noi l’inizio di questo nuovo anno liturgico? Ebbene, prima di tutto abbiamo bisogno di scoprire “chi siamo”, perché questa è una delle più grandi negligenze che possiamo commettere. Abbiamo tutti un grande interrogativo a cui dare una risposta vera: “chi siamo”? Tendenzialmente oggi ci lasciamo attrarre da qualsiasi uomo o personaggio del momento, a cui, nonostante non ci dica “chi siamo”, permettiamo persino che ci strutturi il nostro vivere. Noi ci lasciamo prendere senza nemmeno chiederci “dove stiamo andando”. Ci lasciamo prendere da quella che è la materialità del nostro corpo nell’oggi come se per noi non esistesse un domani. E in effetti come potrebbe mai esistere per noi un domani se non sappiamo “chi siamo”? Quindi togliendo la risposta alla domanda “chi siamo”, noi non siamo capaci di costruirci un domani. Nell’Avvento, ciò che stiamo vivendo, abbiamo bisogno di un po’ di luce, ma dove trovarla? Attraverso quella Parola che da sempre è stata comunicata, ma Parola poi diventata Persona, la Parola che è entrata con le fattezze umane nella storia dell’uomo. Tale Parola è una risposta al “chi siamo”. Perché questa persona vuole dirci “chi siamo”? Noi siamo abituati a stare dietro a persone che ci chiedono sempre qualcosa in cambio, perciò non riusciamo a individuare e a identificare chi è la persona che ci dice “chi siamo”. Perché Lui non ci chiede nulla? Perché noi siamo troppo abituati a dire “ma tu cosa vuoi perché io ti stia dietro”? È questo il tempo dell’Avvento: riuscire a identificare chi è Colui che ci può dire “chi siamo”. Ecco il senso di questa prima domenica: vegliate e tenetevi pronti! Se per caso qualcuno di voi ha il concetto di Dio, come lo ha? Di un Dio misericordioso o di un Dio giustizia? Se ancora non so perché questo Padre mi chiama e mi vuole parlare di “chi sono”, nella prima domenica d’Avvento la sua Parola è per me conoscenza e risposta. Infatti, questo periodo di Avvento inizia con un invito particolare, che scrive San Paolo - l’esperto della relazione - alla sua comunità, quando afferma: «Il Vivente è presente» (Cfr. Romani 13, 11-14). Gesù di Nazareth non è solo il Vivente, ma è presente a tal punto che Paolo può dire: «Non sono più io che vivo ma è il Vivente che vive in me» (Galati 2, 20). In questo tempo di Avvento non dobbiamo far altro che risvegliarci dal sonno. A volte, forse troppo spesso, sembra che noi stiamo dormendo! Siamo convinti che nessuno può mettere mano alla realtà che ci accingiamo a vivere, vogliamo rimanere in questo sogno perché abbiamo paura di risvegliarci e di non essere capaci di cambiare una storia che altri nostri simili stanno conducendo. Nella prima domenica d’Avvento, invece, ci viene ricordato che il Vivente è presente e quindi la mattina ci dobbiamo alzare con entusiasmo perché «i nostri pensieri sono i Suoi pensieri, le nostre azioni sono le azioni di Cristo» (Cfr. Isaia 55). Noi, grazie a questo tempo, abbiamo la possibilità di ricominciare a vivere la responsabilità che nasce dalla nostra sequela a Cristo. Amici, non dimentichiamo mai che la realizzazione di una Nuova Umanità è opera di Cristo. A noi, quindi, è richiesta solo l’apertura e la disponibilità. Questo significa entrare nel progetto di Dio. Dio si impegna ogni giorno con l’uomo, lo libera da ciò che rovina la sua vita: la menzogna, ovvero le risposte false alle domande “da dove vengo”, “come vivere” ed “esiste la vita eterna”. L’uomo si impegna nell’attesa, perché sa che il Signore mantiene le sue promesse. Il già è iniziato e se tarda in qualcosa la colpa è nostra. Amici, il tempo dell’Avvento è il tempo dell’attenzione. Abbiamo una grandissima responsabilità perché mentre tutti gli altri guardano il cielo, noi abbiamo la convinzione che i Cieli si sono aperti perché Dio palpita nella sua casa, qui in mezzo a noi. È Dio che fa la storia. Il Dio fatto uomo ci porterà a essere rivestiti di Lui, quindi il suo prolungamento in questo mio oggi. Ed ecco cosa spinse Paolo VI ad affermare: ecco perché ci stiamo avvicinando di nuovo al Natale, per riavere di nuovo questa convinzione che Dio ha preso la sua dimora in mezzo a noi. Quindi vogliamo dire di non essere stati visitati? «Quando il tuo cristianesimo diventerà il tuo abito, ciò che vesti, allora sarai testimonianza della Nuova Umanità».
di Don Salvatore Rinaldi
articolo pubblicato su “Primo Piano” di Lunedì 28 Novembre 2016
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