“Cosa bella e mortal passa e non dura…” diceva Petrarca e sembra essere proprio questo l’orientamento comune di chi immagina o vive una relazione affettiva alla quale, se viene tolto l’ossigeno dell’orizzonte, almeno presupposto, di un “per sempre” ....
“Cosa bella e mortal passa e non dura…” diceva Petrarca e sembra essere proprio questo l’orientamento comune di chi immagina o vive una relazione affettiva alla quale, se viene tolto l’ossigeno dell’orizzonte, almeno presupposto, di un “per sempre”, si riserva la riduzione ad una ricerca, più o meno esplicita, e alla pretesa del raggiungimento del massimo piacere, nell’unico tempo che abbiamo a disposizione, l’attimo, che va colto e vissuto tutto nel qui ed ora, come se non ci fosse un domani da costruire con l’impegno e i desideri dell’oggi. La liquidità della nostra società, infatti, colpisce prima di tutto le relazioni interpersonali, di cui la relazione affettiva e l’innamoramento sono, o dovrebbero essere, la dimensione più alta e più intensa. Questa labilità relazionale associata all’accettazione della supremazia del denaro e del mercato in ogni ambito della nostra vita ha condotto enormi trasformazioni anche nelle relazioni affettive che si sono progressivamente spogliate dell’amore platonico o romantico che arrivava al sesso solo alla fine di una “spasimante” attesa. In questo impoverimento progressivo delle relazioni sentimentali che, dopo aver separato definitivamente il sesso dalla procreazione, hanno perso la dimensione del per sempre, si è introdotto e vagheggiato l’amore del qui ed ora, rimuovendo completamente l’idea stessa della fedeltà. Ciò che rimane di questo processo di de-costruzione della relazione affettiva è solo la performance, solo l’erotismo che, per essere lontanamente attraente, deve riempire i vuoti lasciati del senso (la passione, il desiderio, la procreazione, la fedeltà, l’indissolubilità) attraverso l’esercizio salutistico di un sesso estremo divenuto quasi una tecnica da imparare dai manuali e da realizzare con “l’aiuto” della pornografia e dei sex shop (M. Belpoliti, Il sesso postmoderno: tanta fatica per non fare l’amore, in “La Stampa”, 3 luglio 2013). Negli ultimi decenni, infatti, “il porno è dilagato diventando, grazie al web, uno dei prodotti visivi più consumati anche dal pubblico femminile, senza che sia più soggetto a persecuzioni giudiziarie, rifiuti morali o sensi di colpa personali”. Che anche le persone e il sesso siano diventati una merce che si può vendere e comprare, si evince facilmente guardando le pubblicità che usano continuamente gli ammiccamenti erotici di maschi e femmine (qui si è quasi raggiunta la parità dei sessi!) per indurre all’acquisto di questo o quel prodotto. Questa “mancanza di un vero processo educativo alle emozioni e agli affetti, l’esposizione precoce a spettacoli fuorvianti, la produzione da parte dei mass media di modelli affettivi fugaci e senza senso, portano molti ragazzi a strutturare vere e proprie dipendenze emotive ed erotiche” (E. Aceti, G. Milan, L’epoca delle speranze possibili. Adolescenti oggi, Città Nuova, Roma 2010). Questo appiattimento della sessualità a sesso e il suo completo svuotamento di senso aprono le porte ad una ricerca quasi ossessiva di “esercizio”, con ragazzi che giungono ad avere le loro prime esperienze nei bagni della scuola o di qualche discoteca che, per i più piccoli, prevede spettacoli pomeridiani, più rassicuranti per i genitori ma non meno invadenti. “Solitamente, infatti, la sessualità a cui si allude e che viene inscenata e apprezzata è di tipo istintivo, trasgressivo e spettacolare, fra persone non impegnate reciprocamente in un rapporto coniugale e a volte neppure di amicizia, affetto o simpatia; i comportamenti sessuali prevalgono sugli altri aspetti del rapporto interpersonale, la sessualità è rappresentata come ricreativa e senza conseguenze negative” (D. Mugnaini, T. Cantelmi et al., Erosi dai media. Le trappole dell’ipersessualizzazione moderna, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2011). Questo tempo che ha concesso tutta questa apparente libertà di esprimere le proprie pulsioni e istintualità, lungi dal rendere le persone più realizzate e felici è stato definito magistralmente “l’epoca delle passioni tristi” (M. Benasavag, G. Schmidt, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano 2004), i nostri adolescenti crescono più insicuri e fragili perché tutte le relazioni che vengono loro proposte sono instabili e le famiglie di cui fanno parte sempre più spesso si rompono lasciandoli ancora più soli; “le emozioni, allora prendono spesso il sopravvento sulle altre caratteristiche della personalità, condizionandone i comportamenti, fino a giungere a fenomeni caratterizzati da nuove malattie psichiche come le nuove dipendenze da gioco, dallo shopping, da internet, ecc.” (E. Aceti, G. Milan, L’epoca delle speranze possibili…, cit.).
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 12 Marzo 2018
Rubrica "Fede e Società"
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