In occasione della canonizzazione di Paolo VI, don Salvatore Rinaldi per la prima volta, a distanza di ben 50 anni dai fatti, racconta i suoi anni trascorsi al servizio di questo Papa Santo.
[...] Ecco allora il senso di questo libro, scritto riannodando i mille fili della memoria di un prete che per la prima volta si cimenta in un recupero che lo riporta indietro di cinquant’anni, al tempo della sua adolescenza trascorsa in Vaticano nella collaborazione liturgica a servizio di Paolo VI. In numerosi incontri don Salvatore Rinadi recupera una memoria che non sapeva di possedere. Stimolato a ricordare don Salvatore ritrova fatti, nomi e avvenimenti della propria biografia che erano rimasti sepolti e quasi sconosciuti a lui stesso che pur li aveva vissuti. Ecco dunque riaffiorare l’esperienza di quegli anni lontani trascorsi dal giovanissimo Salvatore, proveniente dal piccolo e storico centro di Venafro nel Molise, in Vaticano nel pieno degli anni turbolenti intorno al ’68. L’incontro con le figure di porporati di primissimo piano con le quali il giovanissimo seminarista è stato a contatto come Virgilio Noè, il cerimoniere di Paolo VI, o Andrzej Maria Deskur, colui che egli scelse come direttore spirituale, futuro cardinale e persona di riferimento di colui che sarebbe divenuto Giovanni Paolo II. Straordinario è il ricordo di questo prete che non gli regala un testo di devozione spirituale ma gli consegna i documenti del Concilio da poco concluso, una lettura che diventerà il riferimento di tutta la sua vita. Ma gli incontri eccezionali non finiscono qui, il giovane Salvatore conversa nei giardini vaticani con il cardinale Josyp Slipyj senza essere consapevole di trovarsi accanto ad uomo che era stato prigioniero a lungo nelle carceri sovietiche e che aveva rappresentato pochi anni prima un caso diplomatico; e infine il servizio liturgico alle celebrazioni del cardinale Pericle Felici con il ricordo di un matrimonio in una villa dell’alta aristocrazia romana nel quale il giovane Salvatore è distratto dallo sfarzo dei vestiti dei convenuti e dalla pompa dell’evento. Ma, fra tutti i ricordi di quel tempo che emergono dal deposito della memoria, ritorna sempre più vivida e grata l’immagine di Paolo VI, quel papa che aveva imparato a memoria il suo nome, la diocesi di provenienza e il suo vescovo e del quale seguiva con viva partecipazione discorsi, omelie e viaggi e di cui leggeva avidamente le encicliche. Il papa di cui incrocia, da vicino, più volte lo sguardo durante le celebrazioni, quegli occhi che non ha più dimenticato. In questo recupero della memoria don Salvatore riprende maggiore consapevolezza di quanto quel papa sia stato fondamentale per il mantenimento della sua vocazione, di come lo abbia idealmente accompagnato e ispirato nella passione dei suoi studi e di come lo abbia sostenuto nel suo essere prete in oltre quarant’anni di sacerdozio. Un impegno realizzato oltre i liturgismi e i cerimoniali, ma anche oltre le tentazioni della mondanità e dello spettacolo, una attenzione innanzitutto alla Parola condivisa con una comunità senza barriere, senza tessere e senza esclusioni dove anche per gli zingari c’è posto, e poi nel servizio realizzato nella direzione della Caritas diocesana e nella ideazione e attività di un consultorio familiare in grado di erogare gratuitamente quella assistenza sanitaria e umana che le istituzioni, nonostante la Costituzione, negavano e negano nei fatti. In questo sacerdozio vissuto senza clamori e senza autopromozione come non leggere un miracolo di Paolo VI che è anche un debito contratto con lui che trasmise al giovane Salvatore l’amore per la filosofia e per la cultura, il senso del rigore e della coerenza testimoniato con la sua vita di papa? Lui che diceva che il mondo ha bisogno di testimoni è stato a sua volta testimone per don Salvatore il quale, con molta semplicità, ci racconta le origini di quella intensa stagione che tanto lo ha positivamente segnato. Sono preti come don Salvatore, con la propria vita, a raccontarci chi è stato Paolo VI e quanto quelle parole contenute nel suo testamento siano ancora autentiche e vive in preti come lui [...]
(dalla Prefazione di Sergio Tanzarella, pp. 14-17)
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