Tutto fu fatto in gran fretta, perché col tramonto iniziava il giorno di Pasqua, nel quale era proibito prendersi cura dei cadaveri. L’entrata del sepolcro venne chiusa con una grossa pietra. Alcune donne, che avevano seguito Gesù fin sul Calvario senza poter far nulla per lui, tennero bene a mente il luogo del sepolcro, poiché avevano intenzione di tornare il giorno dopo il sabato per rendere al cadavere di Gesù quegli onori che non era stato possibile rendergli al momento della sepoltura, a motivo del poco tempo disponibile.
E difatti, il giorno dopo il sabato, di prima mattina tornarono dov’era il sepolcro di Gesù, ma lo trovarono vuoto. Che cosa era avvenuto? La pietra posta all’entrata era stata ribaltata e il cadavere di Gesù era scomparso, ma le bende che lo avvolgevano e il sudario, cioè il panno che gli ricopriva il capo, erano al loro posto. Ma di quale vita si tratta? «Non della vita precedente alla morte, e dunque della vita di prima. Gesù non è risorto come Lazzaro, che egli richiamò alla vita, o come il figlio della vedova di Nain e la figlioletta del capo della sinagoga. Queste persone infatti furono risuscitate, cioè riportate alla vita di prima. Gesù invece, con la Resurrezione, è entrato in una condizione di vita assolutamente unica: egli è entrato nella pienezza della vita divina, e il suo corpo è sì reale, è il corpo di Gesù di Nazareth che ha subito la crocifissione, ma è un ‘corpo di gloria’, un corpo ‘spirituale’, sottratto alle condizioni terrestri di spazio e di tempo, di sofferenza e di morte, cosicché Gesù non può più morire e la morte non ha più potere su di lui. Egli ormai è ‘il Vivente’». in altre parole, con la Resurrezione Gesù è entrato definitivamente con tutta la sua umanità - corpo e anima – nella pienezza della vita di Dio: quindi in una condizione di vita che è al di là di ogni esperienza umana e che noi non possiamo descrivere se non servendoci di immagini e concetti che sono solo un debolissimo riflesso della realtà. Questo corpo risorto non può essere descritto: non ne abbiamo alcuna esperienza, non disponiamo che gli indizi oscuri di una estraneità che non nega una certa prossimità. La Parola di Dio non risponde alla curiosità, essa dice la pienezza verso la quale conduceva la vita terrena di Gesù, malgrado la morte patita. Questa pienezza concerne tutti coloro che credono in Gesù o che sono chiamati da lui. La Resurrezione non è un evento del passato, inscritto una volte per tutte nell’immobilità della storia: un evento passato non è più attuale, è chiuso. Per la resurrezione non è così: essa opera oggi, poiché è oggi che il Vivente dona per sempre lo Spirito. Teologicamente, la Resurrezione di Gesù Cristo non è semplicemente un caso di risveglio generale dai morti, che in sé sarebbe già comprensibile, bensì l’evento unico che portò a compimento l’incarnazione, la vita di Gesù con le sue particolarità, la sua sofferenza e la sua morte, e che per questo è il fondamento della risurrezione di coloro che sono morti nella fede in lui e con lui. La Resurrezione significa che Gesù nella sua realtà intera, pertanto anche corporea, fu risuscitato al compimento trasfigurante che gli spettò in virtù della sua passione e morte. Questo compimento concreto è diverso dal risveglio di un morto e da un ritorno alla vita terrena con la propria corporeità terrena. La morte e la Resurrezione di Gesù Cristo sono un processo unico, intimamente connesso in maniera insolubile. La morte è un diventare-definitivo, un diventare-compiuto, nel quale l’esistenza si è maturata sino in fondo nella temporalità e nella libertà, cosicché il compimento non è qualcosa di completamente diverso che, come un periodo nuovo che segue il vecchio, gli sarebbe semplicemente aggiunto. La Resurrezione di Gesù Cristo significa, d’altra parte, che il Signore risorto, proprio perché è liberato dalla corporeità terrena delimitante e dunque mediante il suo “andarsene”, è diventato in realtà Colui che è vicino, che con un modo nuovo di presenza si è fatto vicinissimo a coloro che sono radunati nel suo nome (Mt 18,20), ma anche al mondo nella sua totalità. Ciò che manca ancora, è che questo si renda manifesto e sperimentabile da parte di tutti: parusia. I resoconti del Nuovo Testamento che riportano l’esperienza di «uno dell’aldilà» che si deve «manifestare», affinché occhi umano-terreni lo possano vedere, di «uno dell’aldilà» che è trasformato e compiuto presso Dio, non riguardano qualcosa di «comprensibile» nell’ambito delle esperienze umane. Senza l’esperienza dello Spirito, vale a dire in questo caso senza l’esperienza accettata nella fede e nella fiducia della pienezza di senso dell’esistenza, un essere umano non può abbandonarsi fiducioso alla testimonianza pasquale delle discepole e dei discepoli di Gesù. Ma la Resurrezione è avvenuta in che modo? Nelle parole “il terzo giorno” alcuni vedono non l’indicazione della data della Resurrezione. Nessuno ha visto Gesù risorgere e non si può perciò sapere quando egli sia risorto. Ma l’indicazione che il soggiorno nella tomba è stato di breve durata, “passeggero” e, soprattutto, che egli non ha conosciuto “la corruzione del sepolcro” (secondo certe concezioni giudaiche, la decomposizione del cadavere nel sepolcro iniziava solo dopo il terzo giorno e ci volevano più di tre giorni perché si potesse parlare di dimora “stabile” nel sepolcro). Ad altri esegenti sembra meno artificioso e più naturale vedere nelle parole “il terzo giorno” un’indicazione cronologica, che colloca la Resurrezione in una serie di fatti: morte, sepoltura, resurrezione, apparizione. Come la morte, la sepoltura e le apparizioni sono datate, così è datata anche la risurrezione. Cioè, con l’insistenza sul “terzo giorno”, la Chiesa primitiva sembra voler affermare che la Resurrezione è un fatto realmente avvenuto, tanto che se ne può stabilire la data: Gesù di Nazareth, che i Giudei uccisero appendendolo a una croce, Dio lo ha risuscitato al terzo giorno.
di don Salvatore Rinaldi
Articolo di lunedì 22 Aprile 2019
Rubrica "Fede e Società"
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