«Dove dimori? Dov’è la tua casa? Dove ti posso trovare? Dove posso stare con te, così da comprendere ciò
che cerco in te?». Anche in questa riflessione mi sono lasciato guidare dallo scritto di Agostino Clerici
edizione S. Paolo 2012. È Giovanni a raccontarcelo (cfr. Gv 6,1-29) dopo aver moltiplicato i pani e aver
sfamato cinquemila uomini, a coloro che lo cercano per farlo re dice chiaro e tondo che il motivo di quella
ricerca è sbagliato: lo cercano perché hanno mangiato gratis, per cui vorrebbero risolvere definitivamente,
grazie a lui, il problema del vitto.
Lo dirà in modo chiaro:
«Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).
Che cosa dunque cerchiamo, quando ci mettiamo a seguire Gesù? Cerchiamo ciascuno qualcosa, oppure in
lui cerchiamo anzitutto… lui, la bellezza dello stare in sua compagnia, la forza della sua parola, magari
scomoda ma vera? I due discepoli del Battista che cominciano a seguire Gesù, osano rispondere alla sua
domanda con un’altra domanda, anch’essa molto profonda e rivolta a lui riconosciuto come Maestro: «Dove
dimori?». Stupendo. Hanno capito l’essenziale. Hanno capito che Gesù si cerca innanzitutto per abitare con
lui. Questo, forse, è ciò che noi non abbiamo ancora capito… Nella nostra vita Gesù è presente in modo
occasionale, come l’ospite per alcuni momenti. Lo cerchiamo, ma non abbiamo intenzione di abitare con lui.
Noi non gli domandiamo: «Dove dimori?». Noi lo sappiamo già dove abita: in chiesa e… Perciò andiamo a
trovarlo in chiesa una volta la settimana, ma poi egli, di fatto, sparisce dai nostri giorni feriali. Ora, quella
domanda dei due discepoli sottintende un cambiamento radicale di prospettiva. È come se volessero dirgli:
«Guarda. Non siamo noi che ti invitiamo a casa nostra, ma siamo noi che ci invitiamo a casa tua. Perciò
vogliamo che ci dica dove abiti, perché vogliamo venire a stare con te, a casa tua!». C’è un desiderio
autentico sotto la superficie di questa domanda dei due discepoli. In un certo senso, si permettono di criticare
la domanda che Gesù ha loro rivolto voltandosi. «Che cosa cercate?», aveva chiesto. «Dove dimori?»,
controbattono. Cioè: «Non ci interessa dirti che cosa cerchiamo in te, ma vogliamo vedere che cosa proponi
tu a noi, vogliamo entrare in comunione stretta con la tua vita per sperimentare chi sei veramente».
L’intenzione che guida la contro-domanda dei discepoli è profondamente vera, perché solo la dimora stabile
con qualcuno te lo fa conoscere veramente, in quanto sa mettersi in contatto con il suo corpo, e non solo con
i suoi libri o con la sua voce. La Chiesa, come luogo in cui Gesù continua a essere corporalmente presente, è
un dimorare, non un semplice alloggiare. La Chiesa nasce da un desiderio di fedeltà, non da una curiosità
passeggera. C’è un’ultima sorpresa nel dialogo tra Gesù e i due discepoli. In risposta alla loro contro-
domanda: «Dove dimori?», non arriva un indirizzo preciso. Oggi avremmo aspettato ancor di più
comodamente davanti allo schermo del nostro computer connesso con il mondo una mail con un indirizzo di
posta elettronica. Una risposta adatta a non muoversi. Gesù, invece, risponde: «Venite e vedrete». Qual è il
messaggio di questo imperativo? Evidentemente devo proprio andare di persona, non basta una mail e
nemmeno una telefonata. Devo proprio andare e dimorare, altrimenti non posso sperare di comprendere che è
Gesù. I due discepoli capirono che si trattava di un invito reale e non virtuale e «quel giorno rimasero con
lui». Potete sperare di vedere solo se venite. È questa l’avventura della vita con Cristo. Avventura, cioè ad-
ventura: andare incontro alle cose che ci vengono incontro, grazie a lui. Noi, per il momento, stiamo a
vedere, poi magari andremo! Noi stiamo sempre sull’uscio, non ci esponiamo mai, e preferiamo stare fuori in
attesa di essere sicuri di avere le idee chiare. Gesù ripete con la stessa forza di quel pomeriggio: «Vieni
adesso e solo così vedrai!».
Scrivi commento