Dobbiamo adattarci a un ambiente sociale mutevole, una rete estremamente complessa di relazioni interpersonali controllate da diverse forze psicologiche, economiche, sociali e politiche. È difficile stabilire un equilibrio tra il nostro mondo interno e l’ambiente esterno… Quanto più industrializzata, urbanizzata e sofisticata diventa la società umana tanto più cresce il problema dell’adattamento. Avere dei valori aiuta ad adattarsi. Nel contesto dei valori cosiddetti estrinsechi, che risiedono al di fuori della persona, cerchiamo questo adattamento attraverso la manipolazione di fattori esterni umani e materiali.
Abbiamo però anche dei valori intrinsechi, che ci appartengono come individui. Sono alcuni dei pilastri su cui si basa la nostra personalità. Essi non sono innati, ma si sono formati nel corso della nostra esistenza attraverso le relazioni con i genitori, con le persone significative (amici, relazioni sentimentali, ecc.) e attraverso le esperienze importanti. Purtroppo, viviamo in un mondo in cui il disagio psicologico ed esistenziale sono crescenti e avvertiti da fasce sempre più ampie della popolazione. Sentiamo sempre più spesso dire che “la colpa” di questo malessere è da ricercarsi nella perdita dei valori e nel conseguente disorientamento generale. Ma siamo sicuri sia così? Cosa significa “perdita dei valori”? Chi ha stabilito che quelli su cui si è fondata per anni la nostra società erano i giusti valori? Nella storia dell’uomo possiamo identificare modi di vivere profondamente diversi e anche ora, al di fuori della società occidentale, le prospettive cambiano. Qualche esempio? Il ruolo che la famiglia nel tessuto sociale e l’organizzazione che ha al suo interno, l’importanza del denaro e del successo, le relazioni tra gli uomini e donne, le scelte sessuali, i credo religiosi, la visione del mondo… Dicono che non ci sono più valori. Siamo sicuri? La famiglia, i figli, l’amicizia, l’istruzione, il lavoro sono punti fissi nella vita di chiunque. Perché, allora, continuiamo a ripetere che non ci sono più? Forse perché ci siamo accorti che hanno perso di credibilità, si sono svuotati di contenuti profondi in cui ci si possa identificare o in cui si possa credere. In assenza di binari sicuri in cui muoverci, ci troviamo a prendere strade che non ci soddisfano e che creano inevitabilmente il senso di disorientamento che molti lamentano. Tornare in una società in cui l’educazione era autoritaria, i padri dettavano legge, il catechismo si imparava a memoria, il maestro in classe non ammetteva discussioni e in cui a tutti venivano indicati pochi, chiari modelli da seguire, non è più percorribile. Come uomini moderni, nel campo morale dei valori, abbiamo sviluppato una superficialità incredibile. Ci accontentiamo di guardare e ci lasciamo influenzare dalle impressioni, lasciandoci trascinare dalle mode consci che se ci dovessimo fermare a riflettere proveremmo un senso pauroso di vuoto. Il nostro compito, come individui, è proprio quello di lavorare per costruire un’alternativa possibile al disorientamento. Un bambino acquisisce i valori conformandosi alle esigenze degli adulti affettivamente fondamentali per lui. All’ inizio saranno quindi i genitori le sue guide, ma, progressivamente, entreranno in gioco anche gli educatori e i coetanei. Resta fondamentale, quindi, l’identificazione con i genitori perché è la loro condotta che costituisce il paradigma per eccellenza dell’azione morale e dello sviluppo del giudizio morale. Se il bambino riceve sicurezza, amore e approvazione avrà una buona base su cui edificare il proprio Io ma, se al contrario, l’influsso esercitato fosse negativo, perché vuoto, impositivo o distorto, assimilerà dei disvalori che si tradurranno in atteggiamenti conformisti e/o ambivalenti che rispecchiano, appunto, l’inconsistenza del modello parentale. Questa matrice influenzerà necessariamente l’età adolescenziale costringendolo a cercarsi una propria identità… (continua).
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