Come si può dire che l’essere umano non vale nulla quando Dio stesso si muove per venire a lui? Gesù ci ha insegnato ad avere un grande rispetto per ognuno, grande o piccolo, sano o malato, donna o uomo. Ciascuno si sente da lui riconosciuto, amato, valorizzato. Così com’è, per se stesso, senza secondi fini. Nulla di ciò che è umano, fino alle incombenze più umili, è stato disprezzato. Sfigurare l’uomo, con qualsiasi pretesto, significa offendere Dio che si porta garante della sua dignità.
In se stesso Gesù unisce per sempre l’uomo e Dio. La comunicazione è definitivamente assicurata. Lui, nostro fratello, ci inserisce nell’intimità di Dio, ci trasforma a sua immagine, per fare di noi tutti figli di Dio. Natale, la venuta di Gesù, è la Buona Novella per tutti i popoli, è Dio stesso che ci risveglia e che si offre in dono per noi. E Dio lascia la sua dimora per prendere posto nella carovana umana. L’Altissimo si fa piccolo. Il Signore dell’universo viene deposto in una mangiatoia. Del resto un Dio che affronta questo impensabile viaggio che lo porta a diventare un uomo non può che nascere per strada, tra la gente che cammina. Diversamente dai grandi della terra, tuttavia, Dio non fa tremare il mondo, ma si immerge nella corrente della vita ordinaria. Non vuole farsi notare, ma si nasconde. Abbandona la potenza per sposare la debolezza. Certo, questo modo di fare di Dio, il suo stile, non manca di registrare rifiuti. Ci si aspetta un Dio che sarebbe apparso nella sua potenza, ma Dio arriva nella fragilità di un bambino. Non si è accontentato di prendere posto, ma ha preso carne, in mezzo al suo popolo. Si è fatto nostro prossimo, andando oltre i nostri sogni più folli. «Il Verbo si è fatto carne»: un giorno ha dovuto lasciare il suo habitat e avventurarsi in un percorso che ben presto non gli risparmierà la riprovazione e il fallimento. «Il Verbo si è fatto carne»: ha dovuto misurarsi con l’alternativa seducente e illusoria di colui che, continuamente, tenterà di dissociarlo dal Padre. «Il Verbo si è fatto carne»: ha avuto bisogno di amici, uomini e donne con cui confidarsi e presso la cui casa rifugiarsi. «Il Verbo si è fatto carne»: ha conosciuto sulla sua pelle persino l’incomprensione delle folle e pure quella di coloro che aveva chiamato con sé. «Il Verbo si è fatto carne»: ha sperimentato come gli uomini fanno in fretta ad emozionarsi e altrettanto in fretta a dimenticare ciò che avevano promesso in un impeto di entusiasmo. «Il Verbo si è fatto carne»: ha persino invocato il conforto di una compagnia nella notte in cui tutto gli stava precipitando addosso. «Il Verbo si è fatto carne»: ha conosciuto l’amaro calice del rinnegamento di chi egli stesso aveva annoverato tra i suoi amici più stretti. Natale è un varco, una breccia di luce nella nostra notte, una boccata di speranza. Natale è Gesù che prende corpo, oggi, in mezzo a noi. Gesù che trasforma i nostri cuori, le nostre esistenze, il nostro mondo. Senza far rumore. Finché ci sono uomini e donne che l’accolgono, finché l’amore ha la meglio sulle nostre resistenze, non possiamo disperare. È questo il mistero del Natale. È tutto qui. Ed è magnifico. Dio prende carne, Dio diventa uno di noi, Dio accetta di ferirsi, di lacerarsi, addirittura di morire per cambiare la nostra vita. È questa la consolazione che il Natale porta ad ognuno di noi. Nessuno da quel giorno - il giorno in cui Dio si è fatto uomo - può più dirsi solo, abbandonato al suo destino, alla sua miseria, alla sua pena. Perché Dio è venuto proprio lui. È questa la speranza del Natale. Questa storia non è più solo la nostra storia degli uomini, una storia intrisa di lacrime e di sangue, di dolore e di fatica,, ma è la stessa storia di Dio, perché qui, tra noi, Dio ha piantato la sua tenda.
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