Dio carezza umanizzata

«Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio», affermava Sant'Atanasio. E continuava, spiegando: «Lui stesso si è reso visibile attraverso il suo corpo, affinché abbiamo un'idea del Padre invisibile, che ha supportato l'oltraggio degli uomini affinché noi possiamo avere parte all'incorruttibilità».

 

Secondo la fede della Chiesa, il farsi Uomo dell'Unigenito non può essere compreso come una sorta di rivestimento, ma come un farsi umano di Dio, un umanizzarsi, entrando in prima persona nel cuore della condizione storica dell'uomo e vivendola "dal di dentro", per assumerla, purificarla ed elevata. Il Verbo si è fatto uomo, partecipe della nostra stessa pasta terrena. In Lui l'umano è diventato il luogo, il "dove", Dio si è comunicato a coloro che lo accolgono. Sta qui la grandezza della grazia come divinizzazione.

«Divinizzazione significa che il dinamismo dell'uomo è giunto alla sua meta. Soltanto in Dio l'uomo sarà interamente uomo». Così, se Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio, Egli ha assunto l'umanità perché l'uomo attinga in Lui la sua pienezza, realizzando la sua vocazione più alta a cui è stato chiamato fin dal principio.

Da questo punto di vista, l'adagio patristico può essere tranquillamente parafrasato con il seguente: Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi uomo; umanizzi cioè la sua realtà di uomo e - grazie all'unione con Cristo - attinga alla pienezza divina della sua vocazione. Un tema evocato indirettamente da Ireneo: «Come potrai essere come Dio, se non sei ancora diventato uomo? Devi prima custodire la dignità di uomo e poi parteciparai alla gloria di Dio».

 In virtù dei sacramenti pasquali, l'esistenza cristiana non si colloca più nell'aldiquà di Dio, ma è già inclusa - come possibilità - nella circolarità stessa dell'aldilà dell'eterna comunione trinitaria. La divinizzazione del battezzato non è da vedere dunque come una situazione unicamente spirituale, ma come un dono dall'alto che tocca la totalità dell'essere umano, facendo della vita terrestre una gestazione di quella celeste.

Il soffio dello Spirito effusi dal Risorto chiama a questa consapevolezza. La bellezza dell'essere cristiano si fonda sul dono dello Spirito. Grazie a questo dono, «noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).

La grazia dello Spirito si fa infatti carezza divina per ogni battezzato. In essa, Dio, il Carezzevole, ci ricolma del dono delle sue carezze in ogni istante. Un capitolo di antropologia teologica fondamentale, anche se tutto da riscoprire oggi. Afferma il santo Padre: «Chi non conosce le carezza del Signore non conosce la dottrina cristiana. Chi non si lascia accarezzare dal Signore è perduto! È questo il lieto annuncio». Le parole di papa Francesco esprimono perfettamente quanto si è cercato di indagare: «Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza. E con la misericordia. Gesù va oltre la legge e perdona accarezzando le ferite dei nostri peccati. Dio ci perdona accarezzandoci». E non è questa la missione della Chiesa? Comunità della tenerezza di Dio, nata ai piedi della croce e nella grazia dell'effusione dello Spirito di Pentecoste, la Chiesa è madre che ama e accarezza i suoi figli.

 

 

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