Alla tua luce

Prima della venuta di Cristo, regnavano le ombre, ma Egli, venendo sulla terra, ci ha portato, insieme alla Sua grazia, anche la Sua verità. E poiché Colui che è la verità in persona è sceso fra noi, anche noi, a nostra volta, dobbiamo essere veri e sinceri nel nostro rapporto con Lui. Essere veri e sinceri equivale infatti a vedere davvero, seppur con gli occhi della mente, le grandi meraviglie che Egli ha compiuto perché noi potessimo contemplarle. 

San Giovanni dichiara: «Il Figlio di Dio [...] ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 5,20). 

La nostra professione di fede, le nostre convinzioni, la nostra preghiera, i nostri rapporti con gli altri le nostre conversazioni, le nostre discussioni e i nostri insegnamenti devono essere sinceri.

Il nostro è un tempo in cui ciascuno è tenuto ad avere un'opinione su tutto, dai temi politici e sociali a quelli religiosi, perché, in un modo o nell'altro, ognuno di noi può influire sulle decisioni prese; tuttavia le masse sono per lo più assolutamente incapaci di contribuire a tali decisioni.

L'opinione pubblica è così mutevole. Oggi il suo idolo è un determinato uomo o un determinato provvedimento, domani un altro. Essa non è mai riuscita ad andare oltre tendenza a confondere le ombre con la realtà.

Molti uomini, quando vengono a contatto con persone che soffrono e desiderano manifestare la propria solidarietà nei loro confronti, spesso esprimono il proprio dolore in modo estremamente artificioso. Non sto dicendo che sia tutta colpa loro, perché è molto difficile sapere cosa fare in questi casi: da un lato, infatti, non siamo capaci di immedesimarci in pieno nella sofferenza altrui, dall'altro, però, desideriamo comunque attestare la nostra comprensione a coloro che la provano. Allora crediamo necessario assumere un'espressione triste, ma (anche ammesso che ci riusciamo) questa non può essere genuina, perché non rispecchia la nostra situazione personale.

Alcune persone pregano non come peccatori che si rivolgono con fiducia al loro Dio, non come il pubblicano che si batteva il petto e diceva: «O Dio, abbiamo pietà di me peccatore», ma nel modo che secondo loro si adduce a chi è schiacciato dalla colpa, nella maniera a loro avviso più consona a questa difficile situazione. Sono concentrati su se stessi, impegnati a riflettere su quello che stanno facendo, e anziché accostarsi direttamente alla misericordia divina, sono pervasi dal pensiero che Dio è grande e l'uomo è la sua creatura, che Dio è in cielo e l'uomo sulla terra, che stanno compiendo una devozione alta e solenne e che devono adeguarsi al suo sublime e importantissimo significato.

Vi sono infiniti modi di guardare a questo mondo, ma uno soltanto è quello giusto. L'uomo dedito al piacere come quello schiavo del guadagno o quello votato al culto dell'intelletto; i poveri e i ricchi, i governanti e i governati, gli appagati e gli scontenti, i sapienti e gli ignoranti: ognuno ha il suo modo di guardare alla realtà che si presenta dinanzi ai suoi occhi e ognuno di questi è sbagliato. L'unico modo giusto di vedere le cose è quello di Dio. Aspiriamo a guardare il mondo alla maniera di Dio. Aspiriamo a vedere le cose come le vede lui, a giudicare le persone, gli eventi, le gerarchie, le fortune, i cambiamenti e gli scopi, come li giudica lui. Aspiriamo a guardare a questa vita, e a quella del mondo che verrà, e alle realtà invisibili, con gli occhi di Dio. Aspiriamo a vedere Dio nel suo splendore.

 

Accogliamo la verità con riverenza e preghiamo Dio di donarci la buona volontà, la luce divina e la forza spirituale perché essa possa portare frutto in noi.

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